Diario ordinario

“Diario ordinario è una raccolta di poesie pubblicata da Marco Saya Edizioni nel 2014. La raccolta è nata in concomitanza con l’esposizione a Roma di diciannove lavori: una serie dallo stesso titolo. Il lato superiore della cornice di ogni lavoro è mobile e rende possibile imprevisti cambiamenti. Sul retro vi è un rapido schizzo, uno scherzo, un accenno al concetto di fronte-retro. Il lavoro è posto fra due vetri. I testi sono stati battuti con una Olivetti Lettera 35, in un paziente lavoro di “montaggio”.
Diario ordinario è stato pubblicato da Marco Saya Edizioni

La memoria
Che la memoria, talvolta, non sia.
Che il passato non ostruisca il matto fluire della vita.
Che il mondo scompaia.
Poi
staremo tutti meglio.

Esperanto
Siamo piccoli, colmi di emozioni.
Abbracciati due a due.
Qualcuno solo. L’unico vero linguaggio
è quello che usiamo
per parlare con noi stessi.

Il coperchio
Un urlo
talvolta traspare, lui si
di colore nero.
È tristezza, rabbia.
Odio, dispiacere.
Che calmerà il vento.
Che calmerà il tempo.

Il mare
Che io mi perda
fra le tue incertezze.
Fra le tue onde
inquiete.
Specchio dell’essenza umana
che non ha tregua.

Il muro
Basterebbe un niente
perché tu mi prendessi
fra le braccia.
Quel niente è un muro.
E l’amore è un animale forastico.

Il nulla
Il nulla
è una direzione, lasso di tempo
vuoto, gremito di dubbi.
È il vento che ti ridarà
il largo quando meno credi.

Il termometro
Pochi
tuoi
gesti
gentili
silenziosi,
appena,
sono bastati
per una mia breve malattia d’amore.
Gran parte del tutto è nel taciuto,
nell’inespresso.

Il vento
Ora datemi
un vento scherzoso
a scompigliare i miei capelli.
Che mi sollevi da terra.
E che mi mostri
che tutto è ancora possibile.

Il vero
Scrivi
con onestà.
Con onestà emotiva.
La poesia
è questo
tendere
verso il vero.

Lamento d'amore
Mi chiedo il colore
dell’amore che mi spetta.
Di sicuro, trasparente
quanto l’acqua che sempre sfugge.
L’amore non è terra di mezzo.

La tensione
Sotterfugi di parole.
Parole scacciate dopo averle cercate.
Dimenticate dopo averle scritte.
La poesia è tensione.
Non si indovina.
Si vive.

Lettera a mia madre
Non stringere le dita sul mio collo
bianco. Siamo figli, siamo treni,
lanciati in corsa.
E siamo specchi con i piedi.
Così ti porto
riflessa in me.
Ovunque io vada.

Luna su Galte
Lì dove i monti, dentro altri monti
ancora,
cerulei, giallastri e violacei,
fanno gli antichi amanti.
Mai distolti
dal loro tiepido abbraccio
di elicriso e luce notturna.

Navigare
In questa zona di mezzo
non resta
che affrontare la vita con un lento faticare.
Ballare sulla nostra gioia
e sul nostro dolore.

Non avere
Al sorgere del sole
consola, sbiadito
l’inizio del giorno.
E incita
a non avere paura.

Raptus
Stringo la penna
graffio la carta,
il bianco lo mangio.
Poi sputo, taglio.
Stritolo e lacero. Il vuoto
consumo, consumo
lo strazio.

Storia del sentito dire
Ho imparato che questo
è battaglia.
È battaglia un sorriso
quando hai dentro
un pianto.

Un-due-tre stella
Ho paura di scoprire
che non esisti nemmeno
in questo buio terreno.
Un-due-tre stella. Non giocare
con me all’amore che non c’è.

Tu ed io
Vorrei
che ci innamorassimo
allo stesso modo,
nello stesso istante.
Una concomitanza.
Nulla più.