Ventun’anni
Sono sdraiata sulla spiaggia con la testa che gira in modo vorticoso. Mi sento in aria pur con il suolo fermo e saldo contro la mia schiena. Un piano inclinato che bascula su di un perno. Affondo le mie dita nella sabbia fredda cercando un appiglio sicuro, ma non ne traggo alcun conforto, solo qualche tellina tagliente. Mi giro sul fianco, sentendomi male. Il rumore della musica mi giunge a ondate e la testa mi scoppia. Tristezza di vivere così leggermente i miei ventun’anni, come una bomba ad orologeria, che ogni tanto scoppia a sorpresa. E allora mi ubriaco: per una sera sembra facile annegare nell’alcol, tracannato come acqua. Poi si sta male ed i brutti pensieri risalgono a galla. Piango in silenzio, senza singhiozzi, seguendo ogni lacrima lungo il mio volto. Sono calde, salate, immensamente consolanti. Le onde cominciano a lambire le mie gambe e sogno di essere una cometa che al suo passaggio lascia una scia più grande di sé. E l’acqua mi piace, sembra invitarmi. Mi avvicino e inizio a giocare con il mare, quasi che solo esso mi possa spiegare come vanno le cose. Mi spoglio senza capire e mi tuffo. Da allora faccio parte di tutta la tristezza che solo le onde sono capaci di raccontare e ripetere ogni giorno. Le risposte sono lente a venire. Non so quanto tempo sia passato, non so neanche se nessuno si sia mai accorto di niente.
Roma, 1993